Vita di classe – biglie

Recentemente ho avuto occasione di parlare con un bambino che frequenta la Seconda Classe di una Scuola Elementare di Milano – proprio la stessa scuola che frequentai io da piccolo! Ebbene, gli ho chiesto che cosa stesse facendo a scuola e, fra le tante cose che mi ha riportato, mi è rimasta impressa una sua affermazione: “A storia stiamo studiando il Neolitico”.
Il Neolitico, già, quella sorta di fanciullezza nella storia – nella “biografia” – dell’umanità. Qualche giorno dopo pensavo alla mia classe e a ciò che porto incontro ai miei alunni e mi è stato dato di pensare: “Il Neolitico, già… ma coi bambini della mia classe stiamo vivendo il Neolitico!”. E mi sono scorse davanti tante immagini dell’anno scorso e soprattutto di quest’anno.
Diversi giorni che le bambine hanno passato, a ricreazione, a costruire cerchi di pietre intorno a cui sedevano animandoli di storie; e oggi si sono fatte appassionate raccoglitrici di erbe selvatiche da mangiare: quelle aromatiche del giardino, sì, ma anche i meno ovvi petali della calendula, le foglie dell’acetosella e i gambi dell’avena, senza disdegnare neppure il gusto acre dei fiori e delle foglioline più tenere della colza o delle bacche verdi del susino.
La passeggiata che facciamo ogni quindici giorni è diventata un appuntamento assai atteso in questo senso. Attraversiamo il campo dietro la scuola – ci saluta una grande quercia – quindi via attraverso i campi, merenda fra gli ulivi, e ancora in cammino per arrivare a un lembo di bosco ritagliato fra le coltivazioni di frumento. Gli elementi ci parlano: c’è stata quella volta in cui il cielo era scuro come piombo fuso e il vento soffiava così forte da piegare le forti canne – “Bimbi, ascoltate!”; l’inverno a caccia di lastre di ghiaccio da fare a pezzi e succhiare come i più squisiti ghiaccioli; e quando l’acqua si è sciolta in limpidi rivoli che ci attraversavano il sentiero venendo giù da cascatelle e andando a raccogliersi in un’ampia pozza profonda fino alla vita di un bambino – sì, l’hanno provata!!! Nella lettiera del bosco – spessa di foglie di farnia, acacia e ciliegio – i bambini hanno scoperto vecchie trappole arrugginite e, nel pieno dell’inverno, su una parete della collinetta una tana di lepre, forse, ben sagomata e perfettamente asciutta.
Poi il sentiero che porta al bosco si è coperto di violette, al nostro arrivo, incantati, abbiamo udito il battere di un picchio alto sul tronco di un albero. Ci siamo mossi piano e silenziosi, ma ecco ha smesso ormai. Ritroviamo tuttavia il buco tondo che ha scavato in cerca di qualche baco o per farsi il nido. Un giorno sul sentiero abbiamo trovato una biscia bell’e imbalsamata. Un’altra volta un topolino – forse intontito dal freddo – ci ha scorti e si è lasciato avvicinare e perfino accarezzare dai più fortunati, prima di scomparire fra le code di cavallo.
Si costruiscono lance con rami appuntiti e scheggiando pietre. Dunque i bambini a quest’età sono proprio “raccoglitori e cacciatori”, come l’uomo del Paleolitico! Ma nel boschetto, da quest’inverno ormai, sono decisi a trasferirvisi e i bambini hanno iniziato a costruirsi la loro capanna con le canne del bambù. Le bambine stanno istoriando una intera parete di limo sagomandovi magnifici disegni che ricordano quelli delle prime incisioni rupestri. Si vanno dunque facendo stanziali questi bambini come l’uomo del Neolitico quando inizia a coltivare le piante. Un passaggio che faremo più compiutamente il prossimo anno!
Nel giardino della scuola la presenza di fango in seguito alle lunghe piogge primaverili esercita in questo momento un fascino irresistibile per loro: ecco che prendono forma deliziosi uccellini, una foca, una testuggine, piccoli cigni e così via. Dalla modellatura con la cera, sempre il prossimo anno, passeremo a manipolare l’argilla e la loro attrazione per il fango come materiale da manipolare con nuova abilità e destrezza mi dice che siamo pronti a questo passaggio.
È con questo spirito, immaginando giochi antichi, che abbiamo sagomato in classe delle piccole sfere d’argilla. Con tanta attenzione, premendole bene con la punta delle dita e arrotondandole con il palmo di entrambe le mani, conferendo loro una forma la più tonda possibile. Ciascun bambino ha sagomato le sue “biglie”. “Ben compatte, mi raccomando – ha detto loro il maestro – altrimenti scoppiano durante la cottura”. “Le portiamo a un forno?” ha chiesto qualcuno. “Eh, sì, mica le cuociamo noi…”, ha ribattuto un altro.
E qualche settimana dopo, il maestro aveva in serbo una sorpresa… nel campo dietro la scuola, c’era un cerchio di pietre pronto per servirci come un focolare. Il papà Luca ci ha assistito preparando una catasta di legna sopra la quale abbiamo deposto le nostre biglie. Quindi coi bambini ci siamo sparpagliati nel campo raccogliendo quanto più potevamo di rametti d’erbe e sottili steli ben secchi, con cui abbiamo eretto una “capannina” a forma di cono sopra le biglie. Poi è partito il fuoco e quando le fiamme si sono levate alte e luminose nel cielo i bambini spontaneamente hanno intonato: Amo il bel fuoco ardente che rosso e pur scintilla, che s’alza arditamente, che guizza, scalda e brilla… Le gote arrossate, i sorrisi, il calore.
E quando abbiamo disseppellito le biglie ancora tiepide da sotto alla cenere è stato un attimo passare dalla palettina – “A turno uno alla volta, bambini” – alla più mirabile ammucchiata, tipo giocatori di rugby nella mischia, tuffandosi tutti insieme nella cenere del focolare e facendo a gara a chi ne trovava di più!
Le biglie così raccolte e ancora impolverate sono diventate il nostro nuovo gioco da fare dopo il pranzo. Nuovo sì, ma antico come l’umanità, infatti di biglie simili a queste, fatte di argilla cotta, ciottoli di fiume e marmo, ne sono state ritrovate in tutti i continenti… e risalenti fin dal Paleolitico!

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