Tecnologia e bambini

La relazione tra l’evoluzione dell’essere umano dalla prima infanzia alla giovinezza e l’utilizzo delle tecnologie digitali: osservare il fenomeno, comprenderne il significato e valutarne gli effetti.
Il contatto ed il rapporto con l’ambiente naturale, in particolar modo nelle grandi città, sono sempre più spesso sostituite da esperienze sensoriali che hanno come oggetto realtà artificiali: questa esperienza riguarda tutti i nostri sensi indistintamente.
Come educatori e genitori siamo da un lato osservatori sull’utilizzo delle tecnologie digitali da parte dei nostri bambini e ragazzi e dall’altro siamo profondamente coinvolti come fruitori delle stesse come strumenti professionali, comunicativi e ricreativi.
Lo scrittore statunitense Mark Prensky ha coniato, in un suo celebre articolo del 2001, il termine “nativi digitali” facendo riferimento a coloro che sono nati dopo il 1993 ed hanno una connaturata dimestichezza con l’utilizzo delle tecnologie informatiche rispetto alle generazioni precedenti definite come “immigrati digitali” per la loro maggiore difficoltà ad utilizzarle.
Lo scenario che quindi ci si pone di fronte è quello di una mutazione antropologica che dobbiamo comprendere in profondità per valutarne la portata e gli effetti da un punto di vista pedagogico ed evolutivo dell’essere umano.
Possiamo porre alcuni criteri fondamentali in questa analisi: osservare il fenomeno scevri da moralismi e preconcetti e cercare di comprendere la vera e profonda natura dell’uomo.
Questo approccio non vuole portare ad una interpretazione semplicemente culturale del fenomeno ma vuole cercare in modo molto pratico di capire quale pedagogia e quali caratteristiche individuali dobbiamo sviluppare per consentire agli uomini del futuro, i “post nativi digitali” di gestire un mondo sempre più dominato dalla tecnica con responsabilità e creatività.
Le dimensioni quantitative del fenomeno digitale.
Il primo passo da compiere riguarda la valutazione delle grandezze sociali, economiche, tecnologiche riguardanti questo fenomeno.
Figura 1: Le previsioni per il 2020 sulla diffusione delle tecnologie digitali (fonte IDC)
Attualmente già il 56% del traffico di informazioni è generato da macchine o programmi che accedono autonomamente alla rete e solo il 44% è gestito dagli umani (fonte Internet Statistics & Facts – HostingsFacts.com).
Questi numeri ci mostrano la pervasività del fenomeno digitale, è interessante notare il rapporto tra gli umani ed i dispositivi elettronici autonomamente connessi alla rete: per ogni essere umano da 6 a 10 dispositivi collegati a internet.
Auto che si guidano da sole, frigoriferi che ordinano automaticamente la spesa, lavatrici che chiamano autonomamente l’assistenza in caso di guasto, droni che compiono azioni militari, pacemaker che regolano automaticamente parametri vitali, sistemi domotici che governano le abitazioni solamente per fornire qualche esempio pratico.
Per questo scenario è stato coniato il termine “pervasive/ubiquitous – computing” che mostra la capillare penetrazione di questi dispositivi nella nostra vita quotidiana; concretamente ogni dispositivo connesso alla rete elettrica può ospitare un chip (piastrina di silicio in grado di elaborare e comunicare dati) rendendolo quindi un dispositivo “intelligente”.
Non possiamo inoltre trascurare la rilevante dimensione economica del fenomeno che connota la sua diffusione al di là della semplice valutazione dei suoi benefici reali per la vita dell’uomo.
Questa variazione della dimensione del fenomeno è stata per la prima volta affrontata da Hegel ai tempi della rivoluzione industriale: “La variazione del quanto è anche un mutamento della qualità. Lo smisurato si ha innanzitutto in quanto una misura per via della sua natura quantitativa, va oltre la sua determinatezza qualitativa” (Enciclopedia delle Scienze filosofiche in compendio. Parte I Scienza della Logica – G.W.F. Hegel).
Finchè la tecnica era un semplice strumento nelle mani dell’uomo essa esplicava la sua natura di “mezzo” il cui senso era completamente sussunto nel “fine” a cui essa si sottoponeva, ma quando essa varia la propria dimensione fino a rendersi autonoma nel poter realizzare qualsiasi “fine” ecco che lo scenario cambia radicalmente: non è più il “fine” a condizionare lo sviluppo e l’uso dei mezzi tecnici ma è la tecnica stessa a indicare il “fine” che tramite essa può essere raggiunto.
In questo passaggio avviene la metamorfosi della tecnica da “mezzo” a “fine” a scapito delle finalità specificamente umane che vengono drammaticamente sopravanzate.
Quanto si utilizzano le tecnologie digitali.
Oltre a questo aspetto relativo alla dimensione del fenomeno è importante valutare il condizionamento effettuato dagli strumenti sulle attività dell’uomo; un caso emblematico e significativo riguarda l’opera di Friedrich Nietzsche.
Il grande filosofo soffriva di forti emicranie che spesso gli impedivano di scrivere, nel 1882 Nietzsche comprò una macchina da scrivere ed una volta imparato ad utilizzarla poté scrivere con gli occhi chiusi ma la macchina ebbe un’ effetto più impalpabile.
Un amico compositore notò il cambiamento di stile nella scrittura del filosofo: la sua prosa era ancora più scarna e telegrafica di prima. “Forse attraverso questo strumento passerai ad un nuovo idioma” gli scrisse l’amico in una lettera, aggiungendo un’impressione personale: “Spesso i miei pensieri sulla musica e sul linguaggio dipendono dalla qualità della penna e carta che uso”.
Possiamo immaginare, pensando alle nostre vite, quanto l’utilizzo delle macchine possa influenzare il nostro agire quotidiano.
A questo riguardo è importante osservare che ciò viene delegato ad una macchina porta ad un progressivo indebolimento delle facoltà umane; per chi è abituato a fare calcoli con una calcolatrice diventa difficile riprendere a farli mentalmente. Uno studio effettuato sui taxisti londinesi ha dimostrato che l’utilizzo intensivo di sistemi di orientamento elettronico indebolisce la capacità di orientamento autonomo e riduce le dimensioni dell’amigdala dimostrando così fin nella manifestazione fisica l’effetto di questo fenomeno.
Lo scorso 19 Aprile è stato presentato a Londra il nuovo rapporto PISA (Programma di valutazione triennale degli studenti quindicenni) realizzato dall’OCSE (Organizzazione per la collaborazione e lo sviluppo economico) che oltre a fornire un inquadramento generale che identifica i nostri studenti tra i più sottoposti a stress al mondo, dà alcuni dati statistici relativi all’uso di internet: 23% passa più di sei ore connesso alla rete (contro una media del 16% degli altri paesi OCSE), il 15% tra quattro e si ore, il 25% tra due e quattro ore, il 19% tra una e due ore, il 15% un’ora al giorno e solo il 2% dichiara di non connettersi alla rete.
Un utilizzo superiore alle sei ore al giorno è considerato dall’OCSE come estremo.

Figura 2: statistiche relative all’utilizzo di media digitali (Manfred Spitzer – Demenza Digitale Il Corbaccio 2013)

Nella Figura 2, Manfred Spitzer, neuro-scienziato autore di importanti testi ed articoli sull’utilizzo delle tecnologie, fornisce delle statistiche relative all’utilizzo complessivo dei vari media digitali (televisione, computer, riproduttori di testi, musica, immagini etc.): dalla sua analisi risulta un utilizzo medio pari a circa 7/8 ore quotidiane di cui circa il 30% in attività di utilizzo contemporaneo dei vari media (multitasking) per un totale globale di circa 10 ore al giorno.
Le statistiche riguardanti l’accesso dei bambini alle tecnologie ci forniscono una situazione altrettanto satura:
Il 34% ha utilizzato uno schermo touch sotto i 12 mesi
Il 98% ha utilizzato uno schermo touch sotto i 4 anni
Il 36% ha usato un videogioco o una app sotto i 24 mesi
Il 98% ha un televisore a casa
Il 72% ha accesso al computer di casa
Il 67% possiede una console per video giochi (il 24% ha una console per video giochi portatile)
L’ 11% possiede una console per video giochi nella propria camera da letto
Il 29% possiede un sistema di giochi elettronici a scopo educazionale
Il 42% ha una televisione nella propria stanza da letto
Il 29% ha un riproduttore video nella propria stanza da letto
(fonte http://www.techaddiction.ca/children-and-technology.html – statistiche utilizzo tecnologie bambini americani sotto gli 8 anni).
Questi dati nella loro cruda realtà ci mostrano come l’utilizzo massiccio di dispositivi digitali faccia parte della esperienza quotidiana di bambini ed adolescenti.
L’evoluzione e lo sviluppo del cervello.
Per meglio comprendere gli effetti delle tecnologie digitali sull’essere umano partiamo da una analisi della struttura del cervello e della sua evoluzione.

Figura 3: mappa funzionale del cervello ( fonte Texila American University http://blog.tauedu.org/anatomy-and-functional-areas-of-the-brain/)
Ovviamente le neuroscienze danno una visione dello sviluppo e delle reazioni del cervello da un punto di vista esclusivamente corporeo, ampliando lo sguardo in senso scientifico spirituale si può osservare questo organo come una più ampia manifestazione della totalità dell’uomo inteso come essere corporeo, animico e spirituale; questa differenza di prospettiva nulla toglie alla validità e significatività delle osservazioni puramente materiali.
Tramite RMF (risonanze magnetiche funzionali neuronali) che sono in grado di visualizzare la risposta emodinamica (cambiamenti nel contenuto di ossigeno del parenchima e dei capillari nell’uomo) correlata all’attività neuronale del cervello o del midollo spinale, è stato possibile mappare le diverse zone del cervello in relazione a specifiche funzionalità come riportato nella Figura 3 (per approfondimenti sull’anatomia del cervello https://www.mayfieldclinic.com/PE-AnatBrain.htm).
Il secondo elemento da valutare è lo sviluppo del cervello nel bambino durante le varie fasi della sua crescita (per approfondimenti sullo sviluppo del cervello dell’essere umano dalla nascita all’età adulta https://pt.scribd.com/document/265789736/Dynamic-Mapping-of-Human-Cortical-Development-During-Childhood-Through-Early-Adulthood ; http://www.jneurosci.org/content/24/38/8223 ).

Figura 4: mappa dello spessore della materia grigia in relazione all’età (fonte Dynamic mapping of human cortical developmentduring childhood through early adulthood).
Dall’immagine riportata in Figura 4 si vede chiaramente che il bambino non è un piccolo adulto anche da un punto di vista dello sviluppo cerebrale; osservando congiuntamente la mappa funzionale e le diverse fasi di sviluppo è così possibile valutare gli effetti di specifiche attività sulla struttura del cervello del bambino con particolare riguardo ai processi di apprendimento ed all’utilizzo delle tecnologie digitali.
Oltre a questo aspetto morfologico è interessante valutare lo sviluppo delle connessioni tra i singoli neuroni: alla nascita ne abbiamo circa 100 miliardi che nella loro evoluzione creano da 1000 a 100000 miliardi di sinapsi, ovvero nuovi collegamenti tra i singoli neuroni; nella zona dell’ippocampo vi è la potenzialità di produzione di 10000 nuovi neuroni al giorno.
La struttura e le caratteristiche del cervello dipendono da due fattori: uno ereditario e l’altro dovuto alle esperienze che facciamo nella nostra vita in particolare nel periodo di crescita dell’encefalo che raggiunge piena maturità verso i 25 anni, anche se alcuni processi durano per tutta la vita.
Detto questo, la crescita delle singole regioni del cervello dipende in larga parte dalla stimolazione che riceve e, quindi, dalla possibilità di creare nuovi collegamenti tra i neuroni (sinapsi). Sono queste ultime l’elemento centrale dello sviluppo cerebrale. E’ l’esperienza che permette al cervello di adattarsi ad un ambiente in continua variazione, ovvero quella capacità generalmente definita come “neuro plasticità”.
Le esperienze a cui si fa riferimento sono tra le più disparate e non solo quelle attribuibili ad una semplice stimolazione intellettuale: movimento, percezioni, emozioni, relazioni sociali, etc.; ciascuna di queste attività sviluppa una specifica area del cervello e la loro interazione origina la ricchezza e l’originalità dei nostri comportamenti. Questo aspetto sarà fondamentale nella valutazione dei processi di apprendimento e di utilizzo degli strumenti digitali.
La “neuro plasticità” consente anche in caso di danni cerebrali di riconfigurare dinamicamente alcune zone e riutilizzarle per altre funzionalità.
Il numero e il tipo di connessioni sinaptiche che si formeranno dipende unicamente dall’esperienza che le origina.
Nelle tappe fondamentali dello sviluppo mentale del bambino, settimo anno maturità scolare, dodicesimo anno nascita del pensiero causale, quattordicesimo anno nascita del giudizio concettuale è massimizzata la formazione di queste connessioni.
In parallelo a ciò ha avvio un processo di sfoltimento delle sinapsi scarsamente utilizzate, detto pruning sinaptico secondo la logica “use-it-or-lose-it” (usalo o perdilo).
Il significato di questa attività è fondamentale per lo sviluppo umano, le connessioni che non vengono utilizzate vengono tagliate: una parte è una fisiologica riduzione che consente di acquisire una sempre maggiore efficienza funzionale, dall’altro se è originata ad una contrazione della nostra sfera esperienziale, impoverisce le nostra possibilità.
Una importante scoperta fatta nel corso degli anni 80 dal team del Prof. Rizzolati dell’Università di Parma riguarda una specifica classe di neuroni: i neuroni a specchio. Osservando un’azione, compiuta con una specifica intenzione, in un dato contesto appositamente costruito si crea una analoga eccitazione dei neuroni di chi ha compiuto intenzionalmente l’azione in quel dato contesto e quelli di chi ha assistito all’azione.
Questa risonanza avviene con la giusta intensità solo tra esseri umani, non funziona ad esempio nell’interazione tra uomo e macchina. Questa scoperta mostra chiaramente il valore dell’imitazione nei processi educativi e soprattutto del valore della relazione tra gli individui in particolare tra educatore e bambino ( per approfondire: http://www.vitellaro.it/silvio/storia%20e%20filosofia/neuroni_specchio/Specchi%20nella%20mente%20%20Neuroni%20a%20Specchio%20(da%20Le%20Scienze%20N%20460).pdf ).
Lo sviluppo del cervello può inoltre essere collegato alla efficienza del sistema immunitario e quindi alla salute complessiva dell’essere umano (per approfondimenti University of Virginia, Health System Kipnis J. Structural and functional features of central nervous system lymphatic vessels. Nature, Published Online June 1 2015. doi: 10.1038/nature14432 neuroscientistnews.com).
Il processo di apprendimento.
Come abbiamo visto il processo evolutivo del cervello è fondamentalmente legato a ciò che apprendiamo in un contesto esperienziale vario e multisensoriale.
E’ importante sottolineare il senso che si vuole dare a questa parola: impossessarsi esclusivamente di specifiche conoscenze in svariati campi del sapere umano o creare delle facoltà interiori che consentano di poter imparare per tutta la vita?
La famosa frase di Plutarco ripresa da Montaigne: “Gli studenti non sono vasi da riempire, ma fiaccole da accendere” ci dà una chiara idea di come si voglia connotare il processo di apprendimento.
A cavallo di XVIII e XIX secolo già si diffondevano alcuni approcci pedagogici basati su questo principio: il pedagogista Johann Heinrich Pestalozzi già parlava di apprendimento tramite mano, cuore e mente facendo riferimento alle diverse facoltà dell’uomo.
Rudolf Steiner ci ha permesso di approfondire da un punto di vista scientifico-spirituale le valenze pedagogiche di una azione che si rivolge all’uomo “intero” costituito da corpo anima e spirito; facciamo esplicito riferimento alla vastissima raccolta delle sue opere di pedagogia per ritrovare continui stimoli e rimandi a questa completezza.

Figura 5: il processo di apprendimento nei primi tre settenni della vita dell’uomo.
In Figura 5 possiamo osservare in modo sintetico le principali caratteristiche che caratterizzano il processo di apprendimento e gli ambiti ove si sviluppa nei primi tre settenni della vita del bambino che diventa uomo; I termini utilizzati fanno specifico riferimento alla terminologia ed al significato delineato da Rudolf Steiner nelle sue opere.
E’ interessante vedere come alcune tendenze della psicologia moderna parlino di diverse “intelligenze” mappate nelle singole aree del cervello individuate dalle neuroscienze.
Molto note sono ad esempio le teorie di Daniel Goleman sull’intelligenza emotiva e di Howard Gardner che distingue ben 9 tipi fondamentali d’intelligenza: Linguistica, Logico-Matematica, Spaziale, Corporeo-Cinestetica, Musicale, Interpersonale, Intrapersonale, Naturalistica, Esistenziale (per approfondire Daniel Goleman Intelligenza Emotiva, Howard Gardner La teoria delle intelligenze multiple).
L’unica intelligenza riconosciuta e da alcuni l’unica ritenuta valida era l’intelligenza logico-matematica su cui era basato il test per la valutazione del QI (quoziente intellettivo).
L’utilizzo combinato delle varie intelligenze complementare agli stimoli necessari per stimolarle è chiamato apprendimento olistico.
Polare a questo approccio è il così detto apprendimento digitale, che vede l’utilizzo collaborativo di lavagne elettroniche, personal computer e tablet che veicolano i vari contenuti didattici stimolando esclusivamente la sfera visivo, uditiva limitando la sfera tattile allo scorrimento della mano e delle dita su schermi e mouse.
Questo approccio deriva da una astrazione che non tiene conto delle modalità reali tramite le quali un essere umano apprende, ma si focalizza esclusivamente sulla fruizione intellettuale del contenuto mediante una stimolazione artificiale e parziale della sfera sensoriale.
Nella realtà la combinazione di vari stimoli contribuisce a rafforzare la nostra capacità di comprensione e di compenetrazione profonda degli argomenti che studiamo.
Proviamo semplicemente a sperimentare l’apprendimento delle tabelline utilizzando una ritmica ripetizione accompagnata dal movimento fatta assieme da maestro e allievi o una sequenza procedurale di immagini artificiali che ci mostra l’algoritmo risolutivo di un calcolo.
E’ importante fare riferimento ad una esperienza reale, per osservare ciò che avviene entro di noi per evitare pregiudizi o peggio ancora moralismi.
La valutazione della validità dei processi di apprendimento non è una astratta guerra ideologica tra diverse visioni del mondo, ma un concreto esercizio di osservazione dell’essere umano nella sua evoluzione.
Un altro aspetto da valutare è la necessità di fare riferimento alle specifiche capacità di apprendimento a seconda dell’età e dello sviluppo del bambino e aver presente la loro metamorfosi negli anni successivi.
Nel primo settennio un bambino sta sviluppando la sua sfera sensoriale di tatto, equilibrio, movimento e vita e le qualità principali tramite cui apprende sono l’imitazione nel movimento in un ambiente opportuno: se in questa età facciamo ad esempio appello a stimoli intellettuali chiediamo al bambino di utilizzare forze e qualità non ancora mature che stanno operando all’edificazione della corporeità fisica.
Ciò che si è opportunamente educato in un settennio si ripresenterà come facoltà nel settennio successivo, ad esempio il pensiero logico matematico può manifestarsi in modo completo nel secondo settennio se nei primi anni di vita il senso di equilibrio, movimento e vita sono stati nutriti e curati adeguatamente.
Oltre a queste considerazioni antropologiche facciamo alcune osservazioni pratiche riferite a ragazzi più grandi.
Spesso nell’apprendimento digitale facciamo ricorso all’utilizzo di motori di ricerca per reperire informazioni correlate alle nostre necessità, il modo con cui ci vengono sottoposti i risultati dipende da un algoritmo matematico non gestito da noi, spesso per fruire dei contenuti li “tagliamo e copiamo” in un altro documento senza analizzarli a fondo, la modalità di ricerca è molto veloce e fornisce una pletora di risultati, usualmente accanto alla ricerca abbiamo altre sessioni aperte con altre attività o addirittura stiamo facendo contemporaneamente più attività (multitasking).
Se analizziamo questa modalità operativa vediamo come sia difficile mantenere in questo contesto il giusto livello di concentrazione e di approfondimento necessari per compenetrare al meglio i contenuti ricercati: il contenuto deve diventare stimolo vivente per le mie capacità, deve agire in me e trasformarsi; avere un contenuto perfetto che non compenetro appieno non è utile alla mia evoluzione come uomo.
Questo non vuole demonizzare l’utilizzo dei motori di ricerca nella ricerca di fonti documentarie ma semplicemente sottolineare la necessità di un loro corretto uso derivante dall’aver già sviluppato le caratteristiche di ricerca ed elaborazione delle informazioni in un contesto umano tradizionale: se so svolgere bene una ricerca servendomi di testi che ho imparato a reperire, indicizzare e consultare saprò trarre frutto anche da un motore di ricerca, in caso contrario non avrò sviluppato a sufficienza una autonoma ed attiva capacità di elaborazione dei contenuti.
Amith Singhal, ai tempi in cui era responsabile dello sviluppo dell’algoritmo di ricerca di Google dichiarava: «Più la macchina è precisa più diventiamo pigri nel formulare le domande».
Nel mondo anglosassone che per primo ha implementato su larga scala le classi digitali (digital classrom) è in corso un ampio dibattito teso a verificare l’effettivo ritorno dell’investimento fatto rispetto al miglioramento del profitto degli studenti.
Un interessante rapporto dell’ OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development) intitolato “I computer non migliorano I risultati degli studenti” pone al primo punto una considerazione molto netta: gli studenti che usano molto spesso il computer a scuola ottengono risultati peggiori; un altro punto sottolineato è l’ampliamento e non la riduzione del divario socio economico a seguito dall’utilizzo delle tecnologie a scuola (per approfondire http://www.bbc.com/news/business-34174796 ).
E’ curioso rilevare l’atteggiamento dei guru delle tecnologie sull’utilizzo delle stesse per i loro figli.
In una famosa intervista al New York Times Steve Jobs, fondatore delle Apple, alla domanda del giornalista che chiedeva se i suoi figli amassero l’Ipad (tablet computer) appena uscito rispondeva “Non l’hanno mai usato. Noi poniamo un limite alla tecnologia che i bambini usano a casa” ( per approfondimenti https://www.nytimes.com/2014/09/11/fashion/steve-jobs-apple-was-a-low-tech-parent.html?_r=1 )
Bill Gates, fondatore della Microsoft ha tre figli: Jennifer Katharine (nata nel 1996), Rory John (1999) e Phoebe Adele (2002). Fino a 14 anni non hanno posseduto un telefono cellulare. In una intervista al Mirror Bill Gates dichiarva “Non abbiamo mai voluto che accedessero a ciò prima dei 14 anni, anche se si lamentavano di non essere “al passo” con i loro compagni di scuola e con gli amici. Abbiamo fissato un orario preciso oltre il quale vanno spenti telefoni, televisori e computer. Quando erano più piccoli questa regola li aiutava anche ad andare a dormire a un’ora ragionevole. Inoltre non portiamo mai i cellulari a tavola: disturbano momenti importanti per la famiglia come lo sono i pasti“. (per approfondimenti http://www.mirror.co.uk/tech/billionaire-tech-mogul-bill-gates-10265298 ).
Un famoso articolo apparso sul New York Times rivelava come la scuola Waldorf di Los Altos nella Sylicon Valley era frequentata dai figli dei manager delle più importanti aziende di tecnologia che volevano per i loro figli una scuola senza computer. ( per approfondimenti http://www.nytimes.com/2011/10/23/technology/at-waldorf-school-in-silicon-valley-technology-can-wait.html?pagewanted=all ).
Un ultimo tema in quest’ambito è la crescita esponenziale delle difficoltà di apprendimento, i dati forniti dal MIUR indicano una crescita di dislessia, disortografia, disgrafia, discalculia sono cresciuti dallo 0,7% di cinque anni fa al 2,1% di oggi per un totale di 187 mila alunni ed una presenza di sindromi ADHD (attention-deficit/hyperactivity disorder) pari all’1% della popolazione scolastica .
Pur non essendo ancora dimostrata una relazione diretta tra utilizzo delle tecnologie e crescita di queste difficoltà di apprendimento e comportamentali, possiamo dire che l’alterazione della sfera percettiva, l’insufficiente sviluppo dei sensi inferiori e il non rispetto dei ritmi fisiologici nella vita del bambino certo non favoriscono uno sviluppo organico dell’essere umano
Quando le tecnologie digitali possono essere utili nei processi di apprendimento
Quando detto fin d’ora vale in modo molto stringente fino ai 14 anni di età. Questa precisazione è importante perché sottolinea il principio fondamentale che vede l’utilizzo di specifici strumenti pedagogici e didattici commisurato alla maturazione dell’individuo; questa valutazione è estremamente pratica e non risponde ad alcun preconcetto o schematizzazione astratta, dobbiamo fornire all’individuo in crescita ciò che effettivamente serve alla sua maturazione in modo commisurato alle sue possibilità.
Come abbiamo visto, nel terzo settennio quando inizia a manifestarsi compiutamente il pensiero concettuale, può essere utile comprendere la logica di un linguaggio di programmazione, la comprensione di alcuni algoritmi utilizzati per descrivere un programma di calcolo ed in generale l’utilizzo del pensiero analitico può venir opportunamente stimolato ed allenato.
Approfondire da un punto di vista costruttivo la struttura di un computer è un esercizio molto utile: sperimentare con alcuni interruttori e lampadine il funzionamento dei principali operatori logici e comprendere come funziona un microprocessore è uno spunto di ricerca molto importante; è possibile anche costruire un semplice computer per svolgere semplici operazioni di calcolo.
Questo criterio consente di approcciare l’utilizzo delle altre tecnologie digitali con una precisa conoscenza riguardante il loro funzionamento e da ciò deriva una diversa responsabilità e maturità per il loro utilizzo; nel compenetrare coscientemente l’opera d’ingegno compiuta da altri uomini abbiamo inoltre un importante stimolo ad una sana vita sociale fondata sul rispetto per l’agire dell’altro e l’ammirazione per le opere compiute dall’uomo.
In questa età permane il periodo relativo alla fruizione smodata delle tecnologie digitali in ambito comunicativo e ricreativo fatto che impegna il ruolo di genitori ed educatori nel confronto continuo con i ragazzi su questi temi esercitando il proprio ruolo volto a regolarne l’utilizzo.
Effetti dannosi derivanti dall’utilizzo di tecnologie digitali e nuove patologie.
Per qualsiasi strumento tecnologico meccanico o elettrico – elettronico di una certa complessità, è prevista una soglia di età prima della quale è inibito l’utilizzo, un periodo di istruzione per consentire di comprenderne le modalità d’uso e valutare eventuali rischi ad esso connaturati.
Il classico esempio è quello di una automobile: prima di 16 o 18 anni, a seconda del paese in cui ci si trova, non è possibile guidarla, per poterla utilizzare bisogna frequentare un corso e, dopo aver opportunamente informato gli utenti, i rischi ed eventuali danni ad essa collegati sono regolati dal codice civile e/o penale.
Per utilizzare un computer o accedere ad internet, tecnologie estremamente complesse nonostante la facilità di accesso, non vi è alcun corso da frequentare, nessun limite formale di età e così le norme di utilizzo, avvertenze sull’insorgere di eventuali patologie fisiche e psicologiche connesse all’uso e le conseguenze civili e/o penali derivanti dell’utilizzo improprio di tali strumenti sono ignorate dalla stragrande maggioranza degli utenti soprattutto dai giovani.
Anche in questo caso non si tratta di demonizzazione dello strumento ma di fornire una opportuna preparazione agli utenti e regolamentarne l’uso.
La facilità di accesso al mezzo digitale ha sdoganato il suo uso utilizzo indiscriminato, il criterio “user friendly” (amichevole per l’utente) nasconde delle insidie che è opportuno conoscere e valutare.
Effetti fisico – corporei.
L’uso di un computer, richiede una data posizione da assumere, dei tempi di permanenza di fronte ad esso, l’impegno di alcuni organi sensoriali e l’esposizione a radiazioni elettromagnetiche.
Nella maggior parte delle aziende vengono tenuti appositi corsi di formazione su queste tematiche, consci del loro impatto sulla produttività e sulla salute del dipendente, come abbiamo già detto per un privato cittadino non sussiste alcun obbligo.
Di seguito vediamo le principali fonti di rischio da valutare:
Problemi posturali muscolo-scheletrici: sono dovuti ad una posizione non corretta durante l’utilizzo del computer o da uno stress prolungato di alcune parti del corpo. I parametri come l’altezza della sedia, l’angolo di visuale tra occhio e schermo, la distanza tra utente e computer sono essenziali per una corretta valutazione ergonomica. Cervicalgie, lombalgie, sindrome del tunnel carpale, gomito del mouse sono un esempio di possibili patologie a cui si può andare incontro a seguito di una postura ed un utilizzo scorretto del dispositivo.
CVS Computer Vision Syndrome (irrigidimento del cristallino, stanchezza visiva): deriva dal prolungato utilizzo del video e richiede alcuni accorgimenti come variare la profondità di campo interrompendo periodicamente l’osservazione dello schermo.
Attenuazione della capacità uditiva (stress acustico da cuffie): è provocato da una stimolazione troppo intensa delle varie parti dell’orecchio a seguito di un volume troppo alto nell’ascolto di musica.
Obesità: è dovuta alla riduzione del movimento causata dalla lunga immobilità di fronte al computer.
Esposizione a radiazioni elettromagnetiche: ogni dispositivo elettrico o elettronico genera un campo elettromagnetico
(per approfondimenti https://www.spineuniverse.com/wellness/ergonomics/ergonomic-guidelines-computer-workstations-10 ; http://emwatch.com/computer-radiation-may-damage-your-health/ )
Effetti psichici e nuove patologie digitali.
Nel 2016 sono stati aperti due centri per la gestione delle nuove patologie digitali al Policlinico Gemelli di Roma ed al Policlinico di Milano a fronte della crescita massiccia di “psicopatologie da web”.
L’osservatorio nazionale adolescenza ha recentemente pubblicato uno studio sulla catalogazione di tali effetti (per approfondire http://www.adolescienza.it/osservatorio/adolescenti-iperconnessi-like-addiction-vamping-e-challenge-sono-le-nuove-patologie/ ) di cui di seguito ne vediamo una elencazione con breve descrizione.
Vamping: trascorrere numerose ore notturne sui social media; 6 adolescenti su 10 dichiarano di rimanere spesso svegli fino all’alba a comunicare con i coetanei via chat digitali.
FOMO (Fear of Missing Out): disagio ossessivo compulsivo che deriva dalla paura di rimanere “tagliato fuori” da quanto avviene nel mondo digtale e che obbliga a stare sempre connessi.
Like addiction: per oltre 3 adolescenti su 10 è importante il numero dei like (modalità di approvazione tramite simboli di contenuti digitali pubblicati su social media) ricevuti: tanti like accrescono l’autostima pochi like condizionano l’umore e l’autostima in negativo.
Nomofobia (No-mobile-phone): paura/terrore di rimanere senza telefono o senza connessione ad internet 8 adolescenti su 10 hanno paura di rimanere senza cellulare o connessione. In questo caso il cellulare è vissuto come un prolungamento del proprio sé e la sua disconnessione è vissuta come una privazione personale.
Narcisismo digitale: eccedere con i selfie e la loro pubblicazione nei social media
Challenge o Sfide Social: racchiudono tutte quelle catene (tipo catene di Sant’Antonio) che nascono sui social network in cui si viene nominati o chiamati a partecipare da altri attraverso un messaggio o una segnalazione (tag).
Hikkimori / NEET (not engaged in education, employment or training): è una patologia di isolamento sociale. L’incidenza del disturbo colpirebbe dal 3 all’11% della popolazione (la massima percentuale è registrata in giappone), con una prevalenza per i maschi dai 15 ai 40 anni, resi dipendenti dalla frequentazione compulsiva dei casinò online e i siti pornografici (per approfondire http://www.corriere.it/cronache/16_novembre_07/centomila-chiusi-loro-stanze-neet-3792683c-a455-11e6-9261-ffaafc24ed7d.shtml ).
Meccanismi di dipendenza e condizionamento.
Da una analisi sommaria delle nuove patologie digitali si osserva che il meccanismo determinante la loro insorgenza è collegato ad una dipendenza dallo strumento. La dipendenza da sostanze chimiche, cibo, sesso strumenti ha uno specifica sintomatologia che si manifesta nel nostro cervello.

Figura 6: la dinamica delle dipendenze nel nostro cervello.
Alcuni tipi di attività legate al raggiungimento di alcuni obiettivi, porta ad un eccitamento neurale nell’area tegmentale ventrale del mesencefalo, dove viene rilasciata la dopamina (neurotrasmettitore) che viene rilevata dal centro cerebrale della ricompensa o centro del piacere. Questo porta a percepire come piacevole quella specifica esperienza. Il centro del piacere comunica che la zona prefrontale dell’encefalo che manifesta gli effetti dei processi decisionali che portano all’azione, inducendo un comportamento tendente a replicare l’azione originaria che ha provocato il rilascio della dopamina.
Questo meccanismo è chiamato “loop compulsivo” e può portare, alcune persone a ricercare ossessivamente questo tipo di stimolo ed essere coinvolti in un comportamento compulsivo, come la necessità di giocare ad un certo gioco, controllare sempre la propria email, assumere una data sostanza o giocare d’azzardo (per approfondire http://www.stateofmind.it/2016/11/dipendenza-da-internet/ ).
Questo meccanismo può essere ulteriormente rafforzato tramite meccanismi di condizionamento operante studiati in particolare da Thorndike e Skinner.
(per approfondire http://www.dsnm.univr.it/documenti/OccorrenzaIns/matdid/matdid285269.pdf ).
Il condizionamento operante è basato sul fatto che un individuo impara che un particolare comportamento produce una determinata conseguenza: se essa è positiva, l’organismo tenderà a ripetere il comportamento, essa è negativa, invece, tenderà ad evitare quel comportamento.
Tale condizionamento opera tramite due tipi di rinforzo:
rinforzi positivi: conseguenze che aumentano la probabilità che si manifestino i comportamenti che tendono ad incoraggiare. Ad esempio in un videogioco posso salire di livello ed accedere a nuove avventure ricevendo messaggi di incoraggiamento. Se pubblico una foto sul mio profilo facebook ricevo tanti like.
rinforzi negativi: conseguenze che aumentano la probabilità che si manifesti un dato comportamento togliendo qualcosa o riducendolo di intensità un dato stimolo. Ad esempio nell’utilizzo gratuito di una app (programma di produttività per telefoni cellulari o computer) mi vengono inibite alcune funzioni alle quali posso accedere solo comprando la versione estesa.
Tali rinforzi vengono opportunamente utilizzati per promuovere un maggior utilizzo degli strumenti digitali.
I team di progettazione delle app per telefoni cellulari sono in genere composti da: uno psicologo comportamentale che progetta le modalità di accesso al programma e gli elementi che possono portare ad un suo maggiore utilizzo, un esperto di marketing che cura la tipologia, le modalità di veicolazione dei prodotti venduti tramite essa e la promozione del programma che vengono veicolati ed un ingegnere informatico che si occupa delle realizzazione tecnica.
Mettendo insieme il quadro sulle nuove patologie digitali, le dinamiche di condizionamento ed i meccanismi di dipendenza si può facilmente capire quanto sia importante averne una conoscenza approfondita e quanto i bambini e i ragazzi possano essere inconsapevolmente esposti a rischi importanti per la loro salute ed il loro sviluppo.
Social media: insieme ma soli.
L’espressione Mass media è una locuzione mutuata dalla lingua inglese, dove nacque come unione di mass (in italiano “massa”, con media, plurale di medium, di origine latina (traducibile con “mezzo di comunicazione”); i mezzi di comunicazione tradizionali erano: stampa, telegrafo, telefono, cinema, radio, televisione.
La diffusione di internet ha radicalmente cambiato lo scenario dei mezzi di comunicazione (nuovi media) anche se al di là del cambiamento del «medium» i contenuti riguardano sempre testo scritto, immagini, suoni.
Un social media è da un punto di vista funzionale l’insieme dei canali di comunicazione presenti sulla rete internet dedicati alla costruzione di comunità virtuali, interazione, condivisione di contenuti (testi, immagini, video, audio), e collaborazione.  In essi si verifica una fusione tra sociologia e tecnologia che trasforma il monologo (da uno a molti) in dialogo (da molti a molti) e che trasforma le persone da semplici fruitori di contenuti ad autori/editori.
Da un punto di vista tecnologico è l’insieme dei siti web e delle applicazioni correlate che rendono possibili la costruzione e l’uso dei suddetti canali di comunicazione.
Le diverse categorie di social media sono:
Forum/discussion board: sono siti di discussioni on-line dove gli utenti possono tenere discussioni sotto forma di testi; ad esempio phpBB
Microblogging: è una forma di pubblicazione costante di piccoli contenuti in rete, sotto forma di messaggi di testo (normalmente fino a 140 caratteri), immagini, video, audio, ma anche segnalibri, citazioni, appunti; ad esempio Twitter
Social Networking: sono forme di aggregazioni di comunità virtuali basate su relazioni private o di lavoro; ad esempio Facebook
Social bookmarking: è un servizio basato sul web, dove vengono resi disponibili elenchi di segnalibri (bookmark) creati dagli utenti; ad esempio Reddit
Social content curation: raccogliere, selezionare e organizzare contenuti che vertano tutti intorno ad un tema specifico per utenti selezionati o per tutto il web; ad esempio Pinterest
Wikis: dall’hawaiano wikiwiki (svelto, veloce), consente la collaborazione di diversi autori nel formare, aggiornare, modificare, cancellare contenuti; ad esempio Wikipedia

Figura 6: la mappa dei più conosciuti social network
Per avere idea della dimensione del fenomeno abbiamo che su circa 7,4 miliardi di persone, circa 3,7 miliardi sono collegati ad internet (penetrazione del 50%) e circa 2,7 miliardi sono utenti di social media (penetrazione del 37%) (per approfondimenti https://wearesocial.com/blog/2017/01/digital-in-2017-global-overview ).
Facebook, forse il più famoso dei social media, raccoglie 1,86 miliardi di utenti, l’utente medio si collega circa 15 volte al giorno per un tempo medio di 20 minuti, il 50% degli utenti medi si collega appena sveglio come prima attività.
Facebook è la quinta public company al mondo con un valore di mercato di 321B$ (miliardi di dollari), ha appena 12.000 dipendenti (la General Motors che ha un valore di mercato di 1/6 ha un numero di dipendenti 18 volte superiore), ha un fatturato di circa 1B$ (miliardi di dollari) a trimestre da introiti pubblicitari (80%) e videogiochi on line (20%) (per approfondimenti https://www.facebook.com/notes/kuldeep-bhardwaj/50-facebook-facts-and-figures/10150274471574235/ ; https://zephoria.com/top-15-valuable-facebook-statistics/ ).
Quest’algida premessa ci mostra che il mondo dei social media non è lo strumento che ci consente esclusivamente di ritrovare vecchi compagni del Liceo e di condividere commenti e fotografie, ma una potentissima struttura post – industriale, capillarmente diffusa, che ha pochissimi dipendenti e che genera un rilevantissimo giro d’affari rispetto ad altre aziende che operano in settori tradizionali meno avanzati (industria manifatturiera).
L’elemento più contraddittorio e meno considerato è dato dal fatto che l’accesso ai social media è gratuito e che queste aziende siano ricchissime, ma la risposta è molto semplice: se tu non paghi per il prodotto che usi, sei tu il prodotto!
Uno dei più grandi teorici della comunicazione Marshall McLuhan scriveva profeticamente in tempi non sospetti molto prima che il mondo dei social media nascesse: «Una volta che abbiamo consegnato i nostri sensi e i nostri sistemi nervosi alle manipolazioni di coloro che cercano di trarre profitti prendendo in affitto i nostri occhi, le orecchie e i nervi, in realtà non abbiamo più diritti. Cedere occhi, orecchie e nervi a interessi commerciali è come consegnare il linguaggio comune a un’azienda privata o dare in monopolio a una società l’atmosfera terrestre».
I social media sono la più grande miniera di informazioni sugli utenti che vengono utilizzate per costruire profili sociali, comportamentali, economici, commerciali, politici da utilizzare da parte di aziende, privati ed istituzioni per i loro specifici scopi.
Ogni parola che scriviamo, immagini che pubblichiamo, preferenze o critiche che esprimiamo, abitudini d’acquisto che documentiamo, stili di vita che mostriamo vengono scrupolosamente catalogate e classificate per arricchire e migliorare il nostro profilo.
Per avere una idea della dimensione quantitativa del fenomeno nel 2019 è stimato un traffico sulla rete di 2 zettabytes di dati l’anno equivalenti a 10 elevato alla 21 byte; un zettabyte è un volume di dati equivalente a 36.000 anni di un film girato in alta definizione (per approfondimenti http://www.livescience.com/54094-how-big-is-the-internet.html ).
Un esempio molto significativo a questo riguardo sono le ultime elezioni presidenziali negli Stati Uniti.
Lo staff elettorale di Donald Trump ha ingaggiato Cambridge Analytica una società specializzata nell’analisi che ha proceduto ad elaborare una profilazione psicologica di massa tramite un test dall’acronimo Ocean che ha misurato questi parametri: apertura, coscienziosità, estroversione, gradevolezza verso il prossimo e nevroticismo.
Dopo ha integrato i profili degli elettori tramite un modello matematico sui «like» (le preferenze impostate sui social media); l’efficienza del modello prevede che con 10 like, si possono predire alcuni comportamenti di una persona meglio dei suoi colleghi, con 70 meglio degli amici, con 150 dei genitori e con 300 della compagna.
Una volta completati i profili sono stati sintonizzati i messaggi elettorali sulle preferenze dei singoli utenti, inviando così messaggi dicendo ciò che le persone vogliono ascoltare: a ognuno il suo.
Questa approccio unito alle modalità di raccolta e aggregazione delle informazioni conosciute con il nome di big data consentono una capacità di analisi incredibilmente potente e raffinata; è da notare che secondo una recente statistica (fonte La lettura – Corriere della Sera 30 Aprile 2017) solo il 5% degli utenti di facebook dichiara di leggere sui social networks opinioni diverse dalle proprie, questo indica un elemento di rafforzamento delle proprie condizioni ed una carenza di confronto con idee diverse che è alla base delle abilità sociali “umane”.
E’ facile comprendere il potenziale manipolativo che risiede in questi strumenti e di quanto sia importante compenetrarne il significato come adulti e quanto sia importante preservare i bambini ed i ragazzi dal diventare precocemente obiettivo di analisi da parte di aziende e privati.
Comprese le dinamiche di funzionamento osserviamone i semplici effetti derivanti dall’utilizzo da parte di bambini e ragazzi.
Considerando che 95% di ragazzi con una età inferiore a 17 anni ha un profilo su almeno un social media è importante valutarne gli effetti.
Oltre alle nuove patologie digitali prima analizzate, la sfera relazionale e sociale ne è profondamente impattata, si hanno tanti contatti ma pochi amici (insieme ma soli).
Venendo meno il ruolo della mimica, la gestualità, l’intonazione linguistica nella formazione della relazione si ha una complessiva diminuzione delle attitudini sociali reali: dietro uno schermo ed una tastiera sono meno impacciato, ho meno vincoli rispetto ad un contatto reale umano che richiede vera empatia e capacità relazionali.
Questo comporta una riduzione del senso di responsabilità nelle relazioni interpersonali: la diffusione di fenomeni come stalking (perseguitare una persona al fine di generare stati di paura e ansia con messaggi, telefonate, etc.) sexting (diffusione di immagini intime in rete perseguita da Art. 600-ter del codice penale italiano  su la produzione e distribuzione di pornografia minorile) e cyberbullismo (vessare, insultare diffamare in rete perseguito da Art. 595 del codice penale italiano sul reato di diffamazione) ne sono una chiara testimonianza.
Recentemente il Governo ha approvato una nuova legge dedicata a questo reato: “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo” (consulta il testo della legge al sito http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/00752105.pdf ).
Spesso la diminuzione del senso di responsabilità nella relazione è vissuta in modo incosciente e non valuta le conseguenze degli atteggiamenti che si tengono e degli atti che si compiono.
Oltre a questo aspetto bisogna valutare anche l’aspetto della sicurezza e della privacy, ad esempio sul sito della Polizia Postale (https://www.commissariatodips.it/da-sapere.html ) sono riportate specifiche avvertenze per genitori e figli sull’utilizzo della rete ed i suoi rischi.
Su facebook sono accertati 83 milioni di profili falsi che spesso vengono utilizzati per adescamenti e truffe, non possiamo essere sicuri dell’identità di uno sconosciuto che prende contatto con noi in rete
Nella galassia dei social media un altro fenomeno importante è quello di nuovi opinion maker tra i giovanissimi: you tubers & fashion blogger.
Personaggi come Favijtv, I Pantellas, St3pNy, Bellofigo sono tra i personaggi più seguiti nei canali tematici di you tube (il sito più importante per la diffusione di contenuti video), pubblicano in rete centinaia di filmati su tematiche demenziali o riguardanti i video giochi e sono i personaggi di riferimento, i modelli diffusi tra i giovanissimi, il loro pubblico è essenzialmente maschile (per approfondire https://www.youtube.com/user/FavijTV ).
Per il mondo femminile i personaggi di riferimento sono le fashion blogger: Chiara Ferragni, CutiePieMarzia, Irene Buffa, hanno dei loro siti e pubblicizzano in diretta decine di prodotti sponsorizzati facendo leva su un approccio amichevole e zuccheroso che ha immenso successo tra le ragazzine (per approfondire http://www.theblondesalad.com/it/ il sito di Chiara Ferragni).
Questi personaggi hanno milioni di “followers” (utenti iscritti ai loro canali you tube o frequentatori dei loro siti) e sono vere e proprie aziende: per avere un ordine di grandezza Chiara Ferragni ha fatturato nel 2016 10 milioni di euro, la sua marca di scarpe 20 milioni di euro terrà un corso di marketing ad Harward per raccontare la sua storia partita da una cameretta e arrivata ad una azienda di 24 dipendenti con 5 milioni di “followers”.
I romanzi di formazione, come venivano chiamati, sono stati sostituiti nell’immaginario di ragazzi e giovani da questa tipologia di contenuti digitali.
Confrontarsi con queste realtà senza alcun moralismo o prevenzione è fondamentale per comprendere l’evoluzione dei modelli culturali, l’evoluzione dei comportamenti e del linguaggio.
«È chiaro ormai da molti anni che alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente» questo è l’incipit della lettera scritta da 600 docenti universitari al governo.
“Ma k ce l’hai cn me? Ho ft qlks k nn va? Se è csi scsmi” al di là del paradossale esempio di questo messaggio sms il linguaggio scritto e parlato ha subito profonde modificazioni portate dall’utilizzo delle tecnologie digitali: la scomparsa del congiuntivo, della punteggiatura, la nascita di neologismi improbabili e l’agonia della grammatica ne danno ampia testimonianza.
Oggi un italiano medio usa meno di 800 parole su 260.000 lemmi e la contrazione del linguaggio data dai social media non aiuta: twitter obbliga ad usare 140 caratteri per esprimere i propri commenti e questo limite non è solo un esercizio di sintesi.
Citando Nanni Moretti dal suo film Ecce Bombo: “Chi parla male, pensa male”.
WhatsApp
Il servizio di messaggistica istantanea WhatsApp, acquistato da Facebook nel 2014 per 19B$, è utilizzato ampiamente nella vita scolastica: gruppi di classe, gruppi di genitori, gruppi di maestri lo utilizzano quotidianamente.

Figura 7: i numeri di WhatsApp
Fatto salvo il fatto che fino alla fine del secondo settennio non è uno strumento utile, dobbiamo considerare quale sia il modo migliore e corretto per utilizzarlo in altri contesti.
E’ nato per condividere messaggi di testo, audio, immagini, video ed in futuro avrà funzioni di micro-transazioni economiche per pagamenti on line di svariati servizi, ha la caratteristica di consentire oltre ad una comunicazione individuale la creazione di gruppi di utenti che possono contemporaneamente condividere gli stessi messaggi scritti dai singoli componenti del gruppo.
Un fatto essenziale di questi strumenti è che le comunicazioni sono asincrone, ovvero pur consentendo una condivisione istantanea di messaggi e contenuti, non consentono la simultaneità dell’interazione reale.
E’ uno strumento molto efficace per una comunicazione di aggiornamento istantaneo come la condivisione di una circolare o la convocazione di una riunione mentre è poco efficiente e può risultare perfino dannoso per i processi decisionali che richiedono confronto e dibattito reale tra le persone.
Bisogna ricordare che un processo decisionale non è un puro confronto dialettico ma coinvolge l’intera individualità delle persone che ne partecipano.
Piuttosto che mantenere aperti per lungo tempo dei gruppi che aggregano persone omogenee (genitori, maestri, amministratori) è utile creare dei gruppi finalizzati ad obiettivi specifici gestiti come un progetto, da aprire e chiudere una volta raggiunti gli obiettivi prefissati; questa modalità vuole risvegliare un maggior livello di coscienza nell’utilizzo dello strumento ed evitare che conversazioni banali ed oziose prendano il sopravvento.
A questo riguardo bisogna prestare attenzione alla qualità e quantità dei messaggi che vengono scritti e condivisi.
Il mondo virtuale dei videogiochi
155 milioni di statunitensi giocano ai videogiochi, il 42% gioca almeno tre ore alla settimana e quattro case su cinque hanno una console digitale dedicata a questo scopo (per approfondimenti http://essentialfacts.theesa.com/Essential-Facts-2016.pdf) .
I videogiocatori virtuali appartengono a tutte le fasce di età e vedono nelle loro file tantissimi bambini e ragazzi (il 26% dei giocatori statunitensi ha meno di 18 anni), gli aspetti da valutare sono essenzialmente due: le abitudini di gioco ed i contenuti dei videogiochi.
Come si è già visto i videogiochi possono provocare meccanismi di condizionamento che induce dipendenza e possono causare sui giocatori PSE (photosensitive epileptic seizures) da utilizzo massiccio degli stessi.
Al di là di queste possibili evidenti patologie il criterio fondamentale da privilegiare in questa analisi è la comprensione della differenza tra mondo reale e virtuale.
Creare intense abitudini di interazione con il mondo virtuale rischia di alterare la sfera percettiva già duramente provata dagli ambienti artificiali.
Anche nelle nostre Scuole si è diffuso a macchia d’olio il fenomeno Clash Royale, un gioco di avventura e strategia in tempo reale che richiede un telefono cellulare come piattaforma di gioco; è giocato da 100 milioni di utenti ogni giorno.
E’ stato Immesso sul mercato nel Gennaio 2016 dalla società finlandese Supercell ed è stato acquistato poco dopo dal colosso delle telecomunicazioni cinese Tencent per 8.6 B$ (miliardi di dollari), il mercato mondiale di giochi per telefoni cellulari ammonta ad un giro d’affari di 99.6 B$ (miliardi di dollari all’anno).
Per accedere ai livelli successivi di gioco è necessario comperare tramite carte prepagate (google – card, i -tunes card o ricariche telefoniche) dei “bauli” che contengono “gemme” e carte, per procurarsi queste parti addizionali del gioco molti ragazzi spendono i loro risparmi e si sono verificati anche piccoli casi di furto: questa dinamica è inoltre propedeutica a poter creare futuri fruitori di gioco d’azzardo on line introducendo in una età immatura il rapporto tra danaro, gioco, divertimento e remunerazione emotiva (loop di dipendenza).
Per meglio pubblicizzare queste modalità viene anche utilizzato il canale degli You Tuber: uno di essi ha dichiarato di aver speso 12.000 dollari per acquistare bauli e carte di Clash Royale.

Figura 8: la schermata di gioco iniziale di Clash Royale
Discorso diverso meritano i videogiochi a contenuto violento: titoli come Call of Duty, GTA, Madworld, Mortal Kombat, Manhunt, Residente Evil dai nomi evocativi, ci introducono in un mondo di uccisioni e violenze virtuali di incredibile crudezza (per approfondire http://uk.complex.com/pop-culture/2014/03/the-25-most-violent-video-games/ ).
Nonostante le norme di legge che proibiscono di vendere questi videogiochi ai minori di 18 anni vengono spesso utilizzati da ragazzi o bambini spesso all’insaputa dei genitori che ignorano i contenuti estremamente violenti di questi programmi.
I videogiochi di guerra hanno avuto la loro origine in ambiente militare con finalità di addestramento e per rimuovere ostacoli morali nella uccisione dei nemici (per approfondire http://taskandpurpose.com/us-militarys-close-history-video-games/ ; http://www.livescience.com/10022-military-video-games.html ).
L’utilizzo intenso di questi giochi crea una specie di anestesia emotiva e morale che può aiutare a compiere efferati crimini nel mondo reale senza apparente coinvolgimento emotivo come è purtroppo successo in alcuni sanguinosi fatti di cronaca (per approfondire http://www.charismanews.com/culture/52651-14-mass-murders-linked-to-violent-video-games ).
Il loop della dipendenza per i videogiochi violenti provocato da una intensa produzione di neurotrasmettitori stimola la formazione di questi stati d’animo: solitudine, identificazione nei modelli visualizzati, assuefazione alla violenza, aggressività indotta, rimozione senso morale, tolleranza verso comportamenti violenti, sintomi di astinenza quando non si gioca.
La domanda che dobbiamo porci è come questi contenuti agiscano nell ‘anima di un bambino o di un ragazzo in età di formazione.
Il confronto con l’etica della guerra nel senso classico del termine, tramite le descrizioni dell’Iliade o dei cicli cavallereschi costituisce un nutrimento per lo sviluppo dell’anima virile in particolare nei fanciulli, sostituire a queste immagine la violenza dei videogiochi è un vero veleno per la crescita dei ragazzi.

Figura 9: una schermata di un videogioco di guerra.
Pornografia on line.
Un altro fenomeno digitale molto diffuso riguarda la diffusione di immagini e video pornografici in rete, i siti pornografici online sono 4 milioni e 200 mila, il 12% della totalità dei siti presenti in rete. Il 30% del traffico internet è costituito dalla diffusione e consultazione di materiale pornografico, il 42,7% degli utenti di internet guarda la pornografia online, 100.000 siti offrono pedo – pornografia illegale (per approfondire https://www.soundvision.com/article/some-statistics-and-facts-about-pornography ; https://www.factretriever.com/pornography-facts ).
Nove su dieci bambini in età tra gli 8 e i 16 anni sono entrati in contatto con la pornografia su internet, l’età media della prima ricerca pornografica in rete è di 11 anni.
Nella maggior parte dei casi i siti sono stati raggiunti senza intenzionalità, spesso durante lo svolgimento dei compiti, cercando parole oppure foto all’apparenza innocenti.
Oltre la dimensione del fenomeno è importante valutarne i contenuti, i siti pornografici offrono veri e propri menù dove sono offerte le più svariate perversioni a portata di click e a volte le immagini pornografiche sono corredate anche da contenuti violenti come la simulazione di stupri o la pedo – pornografia.
Questi fatti al di là di poter suscitare considerazioni morali, sottolineano la facilità con cui questi contenuti possono essere fruiti in una età in cui i fanciulli si stanno formando: avere una visione distorta della relazione sessuale tra due esseri umani non aiuta una sana crescita del desiderio sessuale e dei sentimenti ma rischia di distorcerne il significato nella relazione di coppia a scapito della di prestazioni che si sviluppano nel puro ambito fisico con modelli comportamentali determinati da altri.
Analogamente ad altri consumi digitali eccessivi la pornografia on line può generare dipendenze e patologie come impotenza e disfunzioni erettili indotte o ansia da prestazione.
Conclusioni
Federico Tonioni, fondatore del centro per le dipendenze digitali al Policlinico Gemelli di Roma e responsabile dell’area delle Dipendenze da sostanze e delle dipendenze comportamentali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore  afferma: “Sono gli adulti stessi ad essere stati sedotti da internet, e spesso si tende a trasmettere questa seduzione ai figli, perché non c’è una baby sitter più efficace, più formidabile e più a basso costo di un tablet, di un telefonino o di una qualsiasi applicazione digitale”.
La vera sfida riguardante la gestione delle tecnologie digitali per i nostri figli ed i nostri alunni riguarda principalmente noi come genitori ed educatori chiamati a gestirle in casa ed a scuola.
Trovandoci nell’epoca in cui stiamo sviluppando l’Anima Cosciente non esistono ricette o raccomandazioni uguali per tutti ma ciascuno di noi deve trovare una risposta ed una modalità di comportamento adeguata.
Dobbiamo sempre ricordare che il bambino non è un piccolo adulto e che preservarlo da abitudini e contenuti dannosi per la sua crescita è un gesto d’amore nei suoi confronti e non una proibizione autoritaria priva di senso.
Allo stesso modo dobbiamo essere coscienti che viviamo nell’era digitale, che in futuro diventerà ancora più pervasiva: non dobbiamo e non possiamo prescinderne, dobbiamo sperimentare ed immergerci attivamente in questo fenomeno, considerandone però le influenze, le opportunità e le problematiche nei vari ambiti della nostra vita (personale, sociale, economico, culturale), non possiamo quindi ignorare la manifestazione della tecnica nel mondo ed i suoi effetti, ma siamo chiamati a compenetrarla e conoscerla profondamente nelle sue varie sfaccettature.
La pedagogia Waldorf in particolare e l’Antroposofia in generale, ci offrono tutti gli strumenti necessari per comprendere il bambino nella sua evoluzione, ci forniscono i mezzi per costruire i contenuti adatti alla sua formazione scolastica e soprattutto le chiavi di lettura per poterci orientare nel mondo come uomini nel senso compiuto ed integrale del termine.
Bibliografia
Manfred Spitzer Demenza Digitale
Manfred Spitzer Solitudine Digitale
David L. Felten, Mark F. Bear Atlante di neuroscienze di Netter-Neuroscienze. Esplorando il cervello
Eric R. Kandel, James H. Schwartz, Thomas M. Jessell Principi di neuroscienze
Nicolas Carr La gabbia di vetro
Nicolas Carr Internet ci rende stupidi?
La Mente aumentata di Marc Prensky
Daniel Goleman Intelligenza emotiva
Howard Gardner Educazione e sviluppo della mente. Intelligenze multiple e apprendimento
Sherry Turkle: Insieme ma soli, perchè ci aspettiamo sempre più dal mondo della tecnologia e sempre meno dagli altri.
Sherry Turkle: Il disagio della simulazione
Roberto Casati. Contro il colonialismo digitale. Istruzioni per continuare a leggere.
Antonella Randazzo. Bambini psicoprogrammati, essere consapevoli dell’influenza della pubblicità, della Tv, dei videogiochi
Cellulare, videogiochi, televisione, computer …. e salute Edwin Hubner
Rudolf Steiner Arte dell’Educazione. Antropologia
Rudolf Steiner Insegnamento e conoscenza dell’uomo
Rudolf Steiner Educazione ed insegnamento fondati sulla conoscenza dell’uomo
Rudolf Steiner Educazione del bambino e preparazione degli educatori
Rudolf Steiner Conoscere l’uomo secondo corpo anima e spirito

Leggi altri articoli

Questo sito utilizza i Cookie per poterti offrire la migliore esperienza di navigazione possibile. Cliccando sul bottone “ho capito” qui accanto acconsenti al posizionamento di Cookie per fini funzionali. Cliccando sul bottone “più info” potrai leggere l’Informativa estesa sui Cookie. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi